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Attacchi di panico: cosa sono? Come poter intervenire?

ATTACCO DI PANICO: cosa sono? Come poter intervenire?

“L’ansia non ci sottrae il dolore di domani,
ma ci priva della felicità di oggi…”

Charles H. Spurgeon

Tra i disturbi di ansia, citati nel DSM 5, si trova l’attacco di panico. Esso è solitamente descritto come “improvviso” e a livello razionale spesso la persona che lo subisce non riesce a descrivere l’evento scatenante. È accompagnato anche da sensibili modifiche a livello sia corporeo che cognitivo. La sua durata oscilla tra qualche secondo fino ad arrivare a 20 minuti.

Gli attacchi si possono verificare sia prima o poco prima l’evento definito “critico” sia in circostanze meno prevedibili, durante un momento di relax, un’uscita con gli amici o poco prima di coricarsi per andare a dormire alla sera.

Le persone che subiscono l’attacco di panico si spaventano e vivono una intensa attivazione neurovegetativa, percependo sensazioni quali terrore, paura intensa, fino a provare la percezione di catastrofe imminente.

Gli attacchi di panico possono condizionare intensamente la vita quotidiana delle persone, spingendoli a cercare di evitare l’evento temuto o a vivere in attesa di un altro possibile attacco.

La frequenza di insorgenza è variabile come anche il tipo di attacco.

DIAGNOSI

Secondo il DSM 5 per porre diagnosi devono essere presenti almeno 4 dei seguenti sintomi:

  • Palpitazione o tachicardia
  • Tremori o vampate di calore o brividi intensi
  • Sudorazione eccessiva
  • Fatica nella respirazione, senso di soffocamento o fiato corto
  • Dolore retrosternale
  • Nausea o dolori addominali
  • Vertigini, sensazioni di instabilità corporea o svenimento, testa leggera, stanchezza
  • Derealizzazione o depersonalizzazione
  • Sensazione di perdita del controllo generale (fisico o emotivo o cognitivo)

Alcuni sintomi possono anche portare alla paura di morire.

I sintomi devono essere presenti da almeno un mese, invalidare uno o più ambiti della vita quotidiana (lavoro, scuola, relazioni, sport, ecc.) e la persona deve vivere una preoccupazione persistente verso l’insorgenza degli attacchi (es. paura di morire o perdere il controllo) o significative alternazioni disadattive (es. agito di evitamento).

CAUSE

Le cause sono molteplici:

  • Predisposizione genetica. In famiglia potrebbero esserci casi di qualcuno che ne soffre
  • Tipo di educazione ricevuta. Un esempio possono essere i genitori iperprotettivi o non “presenti”
  • Fattori stressanti di vita come cambio di città o lavoro, sposarsi, comprare casa, avere figli, malattia, morte, vivere un evento traumatico, ecc.

TRATTAMENTO

Il trattamento elettivo, riconosciuto con efficacia all’80%, nella letteratura scientifica è un percorso psicoterapeutico di tipo cognitivo comportamentale.

Gli obiettivi che si cercherà di raggiungere sono:

  • Scoprire insieme quali sono e come “controllare” o superare o “bloccare” gli eventi stressanti
  • Trovare una modalità personale che permetta di aumentare la propria tolleranza all’ansia, allo stress e al disagio perseguendo l’eliminazione degli agiti di evitamento o di altri sintomi/comportamenti disfunzionali di “controllo”
  • Indebolire e rimodulare gli schemi minacciosi, catastrofici e di paura a livello mentale in concomitanza alle sensazioni fisico-corporee

Il terapeuta accompagnerà durante gli incontri la persona a capire provando a riformulare i pensieri e le emozioni. La focalizzazione avverrà sul normalizzare la sua sensazione di “paura” cercando di soffermarsi sull’ansia esperita e quindi sulla sensazione cognitiva ed emotiva. Da questo punto si parte per capire insieme come riformulare questo tipo di paura o di sensazione causata dall’ansia per evitare che si trasformi in un reale stimolo di “morte” o di pericolo.

Può essere utile anche sapere e conoscere il circolo vizioso che nasce quando una persona prova ansia.

Uno stimolo esterno/interno viene interpretato come minaccia, la persona inizia a provare ansia e si attivano sintomi somatici/corporei o cognitivi/emotivi, i quali sono solitamente interpretati in modo errato e la persona sarà portata a vivere il momento come “catastrofico”, avvertirà una sensazione di “svenimento” o di soffocamento, successivamente potrebbero subentrare i tipici comportamenti di evitamento, rituali o attenzione a non “incontrare” quel tipo di stimolo.

Una volta conosciuto il circolo vizioso e cosa provoca questa sensazione invalidante può essere utile valutare l’esposizione graduale ancora in un contesto protetto come in studio.

Il paziente potrebbe quindi rivivere la sensazione di panico ma in un contesto controllato, potendo leggere alcune tecniche di supporto, imparate nelle esperienze precedenti, magari riportate in un proprio diario, oppure cercando di controllare o superare l’ansia servendosi della meditazione per il controllo del respiro.

Non c’è una tecnica ad hoc perché ogni persona è un caso a sé.

L’obiettivo finale è la ristrutturazione cognitiva del sintomo cioè il poterlo riformulare in modo che non sia più percepito come catastrofico dalla propria memoria, ma cercando così col tempo a tornare a vivere più serenamente e linearmente la propria quotidianità.

In alcuni casi può essere consigliabile anche un aiuto farmacologico.


Dr.ssa Federica Ciocca
Psicologa, Psicoterapeuta
Riceve a Torino, in provincia ed online


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